giovedì 26 febbraio 2015

La ciclabile giocattolo lunga pochi metri

Giova fare buoni titoli sui giornali, perchè così la gente pigra legge poco e si fa un'opinione rapida. 
Facciamo un esempio. Se si titola: " Ciclabile sul lungomare di Gela", la gente pensa ad una ciclabile di almeno 6 km che permetta di andare da un capo all'altro del lungomare in tutta sicurezza. Ci si è fatti un'opinione, diremmo buona, del lavoro dell'amministrazione, che finalmente fa un'opera utile e non di facciata.
Questi però sono i titoli. Perchè, se leggiamo con attenzione, spesso ci accorgiamo di quel particolare che smonta l'intero progetto e, quindi, la nostra positiva opinione.  Scoprendo, per esempio, che la ciclabile non copre affatto il lungomare, ma una porzione insignificante.
Ecco che allora è giusto informare tutti su quanto accade, poi le opinioni ognuno le può modificare oppure no, addirittura può anche non averle, ma quella è un'altra storia.
Sul lungomare di Gela sono iniziati i lavori per il rifacimento del tratto sud, ricompreso fra la via Paolo Borsellino ed il vecchio Pontile Sbarcatoio. Fuochi d'artificio (ideali), fotografie di rito, strette di mano, amministrazione contenta e così via.
I lavori, al netto di un giudizio sul progetto, comprendono anche la realizzazione di una pista ciclabile.
Per i meno informati la ciclabile è quel percorso in sede propria dove le bici (mezzo di trasporto) camminano per raggiungere un determinato luogo con maggiore sicurezza.
La pista ciclabile che verrà realizzata sul lungomare di Gela è lunga poco più di 400 mt, in pratica come una pista d'atletica (l'anello rosso attorno al campo da calcio). La ciclabile corre (si fa per dire), quindi, per un misero tratto del lungo mare, che ha una lunghezza di circa sei chilometri. 
In pratica, considerando il lungomare una strada che serve a connettere diversi punti della città, hanno inserito poche centinaia di metri di ciclabile per fare contenti i ciclisti o chissà chi.
Il risultato è la creazione di un pericolo peggiore della situazione attuale. Infatti, ogni studio sulla mobilità ci informa che il ciclista che pedala in sede promiscua con le auto mantiene un buon livello di attenzione, che lo preserva da eventuali incidenti. L'inserimento di un tratto ininfluente di ciclabile su un percorso non protetto, determina una finta sensazione di sicurezza che, purtroppo, perdura non appena ci si immette nuovamente sulla strada non protetta, con aumento del pericolo di incidenti
Ma non ci limitiamo a questo. 
L'immissione di una ciclabile su una strada promiscua è sempre pericolosa. Così come prevista nel progetto, considerata la brevità del tratto, la ciclabile del lungomare genera pericoli altissimi per l'incolumità dei ciclisti.
In pratica meglio non farla che farla così.
Lo sappiamo, direte che noi ciclisti ci si lamenta sempre, ma vogliamo intervenire dicendo che non siamo mosche bianche, siamo persone che utilizzano un mezzo di trasporto che genera benefici per l'ambiente, la salute e gli spazi sociali e gradiremmo che ogni progetto dedicato all'evoluzione della mobilità fosse studiato con serietà e competenza.
Creare una ciclabile di 400 mt su una strada che è lunga  15 volte tanto (6000 mt) non è una soluzione intelligente o da esaltare, è uno spreco di denaro. E' come se si decidesse di costruire una strada in un deserto lunga solo 400 mt: non collegherebbe nulla, sarebbe inutile.
Le ciclabili hanno un fine trasportistico e di mobilità, non sono una panchina o un'aiuola, sono una infrastruttura di grande valore che va studiata nel suo fine complessivo di collegamento e di alleggerimento del traffico veicolare pesante.
Per vedere una vera ciclabile, che racchiude questi criteri, non è necessario andare nel Nord Europa, ma guardare a quanto sta facendo il Comune di Ragusa con la ciclabile di Marina di Ragusa, oltre quattro chilometri sull'intero lungomare.
La città di Gela ha i soldi per costruire utili infrastrutture che la rendono una città normale, ma forse gradisce solo opere di facciata, inutili e buone per i titoli di giornale.
Chiediamo all'amministrazione un progetto valido per la mobilità in città e non una ciclabile giocattolo lunga solo pochi metri.
Se serve aiuto noi siamo disponibilissimi (senza chiedere un euro, si intenda).

Fiab Gela

venerdì 13 febbraio 2015

Mobilità sostenibile a costo zero ( vallo a dire ai comuni)

La mobilità sostenibile costa poco, al massimo qualche cartello e la carta per le ordinanze comunali, il resto è solo guadagno, soprattutto per la locale azienda dei trasporti pubblici e per chi gestisce i parcheggi. 
Quando dico questa frase ad un amministratore, di solito, rimane interdetto per una decina di secondi. Superato il blocco, passa subito alla frase di rito, quella che dici perchè sai che altro non conosci: ci vorrebbero le piste ciclabili. Certo, dico, ma quelle se ci sono i soldi e i progetti, per adesso possiamo partire da un concetto più semplice, la moderazione del traffico. 
A questo punto la faccia dell'amministratore di turno diventa buia, quasi diffidente, mi guarda ancora e mi dice: quindi non ci sono soldi da spendere, progetti europei, appalti pubblici, opere da realizzare, burocrazia e autorizzazioni da seguire e ottenere, non c'è niente di tutto questo
No, niente, almeno se vogliamo iniziare con il cambiamento. 
E questa è la mazzata finale, ci rimangono male, per due ragioni, penso. 
La prima è che non possono più dirti che non ci sono soldi; la seconda è che, anche se i soldi ci fossero, non possono lanciarsi nei dubbi meandri dell'appalto pubblico.
Il turbamento dell'amministratore, ho compreso, si annida in quello che è un semplice pensiero: le cose si fanno se si vogliono fare.
Mobilità sostenibile a basso costo non è uno slogan, è il primo vero passo per iniziare a cambiare il metodo di gestione dell'intera vivibilità urbana.
Il punto zero, la partenza dalla quale costruire tutto, è il concetto di Moderazione del Traffico
Ridurre il flusso veicolare sulle strade cittadine diventa fondamentale per creare mobilità alternativa. Su una strada non trafficata o a bassissimo traffico, pedalare, andare a piedi, in carrozzina o con il passeggino è semplice, divertente e rilassante.
Poniamoci adesso il secondo problema, se riduco l'utilizzo dell'auto, come faccio a muovermi?
La risposta prevede una serie di scelte, che a fronte della riduzione dell'occupazione del suolo generata dalla riduzione del traffico selvaggio, possono evolversi in molte direzioni. 
Posso scegliere di muovermi in bici, mezzo questo che nei tragitti entro i cinque chilometri rimane validissimo; posso decidere di muovermi a piedi ( è una scelta); posso utilizzare il mezzo pubblico.
Quando pronuncio la parola mezzo pubblico, soprattutto a Gela, vedo facce buie e sorrisi ironici e, devo dire, a ragione. L'attuale situazione del trasporto pubblico locale è drammatica, ma questo non vuol dire che non possa essere rivoluzionato.
Eliminate le auto e fatti funzionare i parcheggi, l'elemento trasporto pubblico cambia volto. Infatti una corretta gestione delle corse, non per forza implementate, ma razionalmente gestite e con garanzia di passaggio assoluta in tempi prestabiliti e stima dei tempi d'arrivo, permette di avere un sistema capillare ed efficiente.
Spostare gli utenti dall'auto privata al trasporto pubblico, con annessi controlli circa i titoli di viaggio e gli abbonamenti (controlli oggi inesistenti), determinerebbe un incremento degli utilizzatori paganti in termini assoluti, con enormi margini di guadagno per l'azienda gestore. Da questo potrebbero discendere benfici ulteriori in prospettiva economico occupazionale.
Il terzo elemento, marginalmente accennato, sono i parcheggi. Limitandomi all'esperienza locale di Gela, oggi abbiamo dei casermoni strategicamente posizionati, che nell'ottica del trasporto intermodale, ove questo si rendesse necessario in una città di appena 80.000 abitanti, potrebbero svolgere un ruolo chiave. Determinando ulteriori guadagni .
Il quadro è semplice e lo possiamo racchiudere in una sola parola e tre passaggi: Moderazione del Traffico, raggiungibile con: 1) provvedimenti mirati di dissuasione della circolazione veicolare motorizzata privata; 2) incremento e gestione razionale del trasporto pubblico locale; 3) gestione integrata delle aree parcheggio esistenti.
In pratica, sfruttando il patrimonio del comune, senza ulteriori investimenti immediati, si potrebbe generare guadagno e realizzare il primo passo essenziale per la mobilità sostenibile.
Certo è che questa cosa della mobilità sostenibile a costo zero è proprio fantascienza!

Simone Morgana
Vice presidente nazionale Fiab
Consigliere Fiab Gela

martedì 3 febbraio 2015

Treno e Bici, in Italia siamo ancora al vapore

La bicicletta richiede poco spazio, ma le ferrovie italiane la considerano come fosse un autobus. Sono più le limitazioni per caricare una bici su un treno che quelle che regolano il trasporto dell'auto sui treni ( ci si conceda l'ilare confronto). Ovviamente questo, quando ci sono i treni per il trasporto bici, almeno in quel caso puoi parlare di limiti ad un servizio che c'è, perchè in molti casi il bel paese italico non ha proprio il servizio treno + bici, mentre in tanti altri casi, non ha proprio il treno. Nel senso che se arrivate in stazione potreste trovare un deserto di binari e traversine, perchè di treni ormai non ce ne sono più. Gela Centrale insegna, con i suoi infiniti binari, manco fosse Bologna, tutti di supporto alla raffineria Eni, ma semideserti, attraversati da cani allegri e pochissimi Regionali depressi.
Ma siamo in Italia, si sa, tutto è un po' allegro, caciarone, divertito. Insomma, mica possiamo essere svizzeri, altrimenti sai che noia. Immaginiamo una mattina in cui ci si sveglia e si decide di raggiungere una determinata destinazione in bici. Si raggiunge la stazione, si guarda l'orario, si compra il biglietto, si arriva in prossimità della vettura, si carica la bici, la si sistema con facilità, aiutati dal personale di accompagnamento, e ci si siede comodi ad aspettare l'arrivo. Ecco, immaginiamolo! 
In Italia di regola non accade, anche in quell'Italia che spesso ci sembra patria dell'intermodalità. 
Questa tranquillità non esiste, perchè secondo le Condizioni Generali di contratto di Trenitalia il personale di accompagnamento può fare il bello ed il cattivo tempo. Nel senso che se quella mattina il treno che prevede anche il trasporto bici è un po' più carico del previsto, la bici rimane a terra; se quel dato giorno il personale addetto si è svegliato male, la bici rimane a terra; se quella santa alba il personale rileva che la vostra bici, per sua unica valutazione, si dimostra fastidiosa, la bici rimane a terra. Questo dicono le Condizioni Generali di Contratto scritte da Trenitalia e valide sul territorio nazionale. Non un elenco di casi obiettivi e dettagliati in cui la discrezionalità del personale non incide, ma un potere da monarca assoluto.
Purtroppo non ci fermiamo a questo, perchè il pirotecnico redattore delle suddette condizioni ha ben pensato che se vieni in bici a prendere il treno sei di certo uno che se la può cavare da solo, quindi, nell'ipotesi in cui la vettura per il trasporto bici non sia di quelle ultramoderne e il piano vettura abbia uno sbalzo dalla banchina di un metro, sono cavoli amari caro ciclista intermodale. Devi essere in forma (salvo pieghevole), caricarti la tua bella bici, sbatacchiarla in giro e sistemartela da solo, e sì, tutto da solo, anche se sei un vecchino settantenne, una ragazza mingherlina, un tipo infortunato o uno col mal di schiena. Questo perchè le stravaganti condizioni recitano che il personale di accompagnamento non deve aiutare il ciclista intermodale (praticamente un astronauta) nel carico - sistemazione - scarico del mezzo. E buonanotte.
Proseguendo a braccio, perchè sui binari non si può, ci rendiamo conto che il famoso servizio di trasporto bici, anche dove previsto, non è mai garantito. Infatti se ti porti dietro cinquanta valigie puoi tranquillamente metterle in vettura, senza timore che nessuno obietti nulla, tranne i tuoi poveri compagni di viaggio, se invece hai con te una bici snella, avrai sempre l'eterno dubbio se poterla caricare o meno, anche sulle vetture dedicate. Perchè non vi è obbligo per Trenitalia di garantire l'intermodalità, perchè nelle condizioni generali non vi è l'obbligo per Trenitalia di riservare in vettura un numero certo di posti alle bici, a prescindere dal carico o meno della vettura stessa in termini di passeggeri. 
Questi alcuni rilievi generali, che dimostrano come non vi sia la minima volontà da parte di Trenitalia di migliorare il proprio rapporto con l'intermodalità treno più bici. Infatti, se stipulo un contratto con te comprendo la tua politica proprio dal contenuto del contratto e quello di Trenitalia è un contenuto posto interamente a tutela della società e per nulla a protezione dell'utente.
La lunga percorrenza è poi un tasto dolentissimo. Infatti o impacchetti la bici, la fai scomparire, la ingoi bene, oppure scordati di correre da Roma a Firenze con normalità e tranquillità, infatti il treno in quel caso unisce due regioni e lì Trenitalia, che chiaramente in questo caso esprime il suo sostanziale dissenso verso l'intermodalità con bici, vieta il trasporto delle bici se non insaccate ( tipo salumi).
Per quanto riguarda le Regioni poi, è un mare magno di corse dimezzate, stazioni fantasma e binari deserti, che si contrappone a poche realtà discretamente efficienti. Il tutto, con poca chiarezza ed uniformità in termini di abbonamenti, sconti e tariffe.
L'era della terza rivoluzione industriale sarà pure arrivata, ma per il treno + bici in Italia siamo fermi al vapore. Signori, in carrozza (forse)!