venerdì 11 maggio 2018

Un viaggio in bici lungo quattro anni



Il racconto di un viaggio è una pratica imprevedibile, perchè non sai mai dove ti porterà la storia, non puoi sapere quello che, ad un certo punto della narrazione, verrà generato nella mente di chi ascolta. E' come un'improvvisazione continua, che segue un canovaccio flebile come una linea del tempo, utile solo ad ordinare la storia secondo un canone che renda comoda e comprensibile l'esposizione. Storie di Viaggio di Fiab Gela inizia in questo modo, quasi senza rete, in una serata calda che sembra anticipare l'estate, con l'aria dei campi che entra dalle finiestre della Casa del Volontariato e ci fa pensare di prendere le sedie e sederci fuori, all'aperto, ad assaporare il tepore del crepuscolo. Nadine e Sebastian arrivano con un ritardo giustificato dall'essere dei trasportati, stasera senza una bici, ma con due copertoni da bicicletta messi di traverso sulle spalle larghe di Sebastian, un'immagine da ciclismo eroico, quando chi pedalava si arrotolava i tubolari alla maglia, li avvinghiava al corpo a formare una "x" sul petto per cercare la migliore posizione di viaggio. Sono canadesi di lingua francese Nadia e Sebastian. Precisazione dovuta e richiesta da loro, anche se non espressamente, per dire che una cultura è differente dall'altra e questo rende ancora più bello ed interessante un incontro. Dal Canada a Gela lungo un viaggio di tre anni e mezzo, con il baratto a fare da paracadute comunitario e comunicativo ai loro spostamenti. Il baratto, il dare per ricevere, senza il denaro a mediare le posizioni, a rendersi terzo incomodo nel rapporto con le persone. Gli occhi grandi di Nadine si muovono curiosi a coprire lo spazio ristretto della stanza. La sua voce mischia il francese con lo spagnolo, l'italiano con i gesti. Narra di come per volare dalla Florida all'Asia abbiano venduto il tandem e comprato i biglietti aerei. Quasi una negazione del possesso, dell'avere, il segno di un abbraccio unico con le persone e non con gli oggetti. La Malesia e Singapore, loro in un albergo a barattare vitto e alloggio con i dipinti e la musica. Perchè se Nadine dipinge Sebastian suona,
improvvisa sul tema, cerca luoghi per fare concerti, per scambiare arte con sostentamento diretto. Alla domanda su quale sia il luogo più bello che hanno attraversato la loro risposta è passionale, spontanea, non ragionata: la Nuova Zelanda. Libera dalle auto, grande, piena di natura incontaminata. Con i racconti si viaggia rimanendo seduti, ancora meglio che con la tastiera, un televisore o un motere di ricerca. Perchè mentre ascolti la voce di chi ha viaggiato puoi quasi toccare quegli stessi luoghi, puoi pensare che il narratore sia il risultato di quello spostamento. Sebastian accenna ad un concetto in un italiano chiaro, passa ad un'altra idea, spinge con passione la narrazione oltre i confini del viaggio in bici, per renderla molto più che una semplice pedalata, per descrivere la bici come un mezzo che sostiene un contatto con le persone. Nei gesti di Sebastian si tracciano le pennellate delle loro opere, nel viso magro e nella voce impegnata si sente la voglia di condividere, di essere "noi" prima ancora che "io". Ultima tappa di un viaggio lungo come il mondo è questa nostra cittadina al confine con l'Europa. Partiranno domani per ritornare in Canada. Dove non hanno nulla se non la loro famiglia, i loro amici e la loro capacità di condividere con poco i luoghi e le persone. Non sono poveri Nadine e Sebastian, sono ricchi, ricchissimi, colmi di un tesoro che forse si fatica a trovare, ma molto più concreto della pentola d'oro alla fine dell'arcobaleno o del meno prosaico tentativo di diventare poveri milionari con una giocata alla lotteria. La ricchezza è nei loro occhi, è nella stanza e nell'incontro, nella dimostrazione di vivere senza dovere per forza pretendere. Colpisce questa ricchezza, colpisce quando, meravigliati, raccontano che non hanno trovato acqua potabile a Gela e che si sono rifiutati di comprare acqua in bottiglia, così andavano in bici a caricare l'acqua a Vittoria, in un luogo dal nome simbolico noto a molti di noi: la Fontanta della Pace. Serve essere ricchi davvero per fare tanti chilometri nel rispetto di un principio. Stasera ci hanno lasciato questa ricchezza e noi, come sempre, gliene siamo grati.
Storie di Viaggio continua.

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